Un Dio vicino, che sceglie, che libera, che salva, che ci fa figli.
Ma forse dobbiamo fare di più per "vivere" quel mistero che per "capirlo". Il nostro Dio non è un Essere molto perfetto e distante, onnipotente e freddo, ritratto in un problema "aritmetico" di persone e nature. Dio è ammirabile in se stesso e nell'opera della creazione e, allo stesso tempo, vicino alla storia del popolo d'Israele, della Chiesa e di ciascuno di noi.
Le preghiere della Messa parlano in una direzione, devono essere completate con ciò che dicono le letture bibliche, che ci presentano un Dio personale, caldo, vicino e salvifico. Un Dio che si definisce non da idee o teorie, ma da eventi e azioni salvifiche.
Un Dio che ha mirabilmente creato l'uomo, che poi si è mostrato salvatore e liberatore, che rivolge la sua parola al popolo che ha scelto tra tutti e lo libera dalla schiavitù, come ricorda Mosè nel libro del Deuteronomio. In tutto l'Antico Testamento appare chiaramente come clemente, ricco di misericordia, vicino al suo popolo.
Questa vicinanza diventa più palpabile nel NuovoTestamento, perché appare come il padre di nostro Signore Gesù. Un Dio che ha tanto amato il mondo da inviato il suo proprio figlio come salvatore. Ecco come "Dio è stato fatto per noi".
Paolo, nel brano odierno, fa un passo in più: lo spirito di Dio a reso figli di Dio quelli di noi che si lasciano condurre da lui. E se anche i figli sono eredi, "coeredi con Cristo". Così, in compagnia di Gesù stesso, possiamo “gridare: Abbà Padre”.
Certamente, il Dio della Bibbia è un Dio vicino, non solo filosofico e "tutto il resto". È un Dio che è padre, che è entrato nella nostra storia, che ci conosce e ci ama. Un Dio che è il Figlio, che è diventato nostro fratello, che ha voluto percorrere la nostra strada e si è donato sulla croce per la nostra salvezza. Un Dio che è spirito e che vuole riempirci in ogni momento della sua forza e della sua vita, e "testimonia che siamo figli di Dio".
Essere figli significa non vivere nella paura, come schiavi, ma nella fiducia e nell'amore. Essere figli significa poter dire dal profondo del cuore, e mossi dallo spirito, “Abbà” Padre. Significa che siamo eredi di Dio e coeredi di Cristo: figli nel Figlio, fratelli del fratello maggiore, partecipanti alle sue sofferenze, ma anche alla sua glorificazione.
È un Dio caldo, il Dio biblico. La Scrittura si preoccupa più di dirci come agisce questo Dio che di come possiamo comprendere il mistero della sua unità e della sua trinità. Come quando Gesù ha voluto lasciarci un ritratto di suo Padre, non con teologie ragionate, ma identificandolo con il padre del figliol prodigo.
Buona domenica e che la Santissima Trinità vi riempia di benedizioni.
P. Jose' wilton fernandez Arias, FSA