Dal Vangelo secondo Marco 6, 30-34
“Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po”…C’è un tempo per agire, annunciare, per guarire, per andare a due a due, per pellegrinare. Oggi l’invito del Signore ai suoi discepoli e anche a ciascuno di noi è trovare non un luogo ma lo spazio esistenziale, “il deserto” che nella Bibbia è lo spazio personale che Dio utilizza per parlare al cuore dell’uomo; il tempo per fermarsi e fare quello che dice Sant’Ambrogio: “Se vuoi fare bene tutte le cose, ogni tanto smetti di farle”. È un tempo per ritrovare i motivi del fare. Andare in disparte per far memoria delle grandi opere che Dio ha compiuto nella nostra vita.
Nella Scrittura il fare memoria esprime una vita spirituale intensa, dove una persona si impegna a riflettere su se stessa. Ma il ricordarsi nella Bibbia è prima di tutto un’attività di Dio: la persona vive perché Dio si ricorda di lei: Che cosa è l’uomo perché di lui ti ricordi? (Sal 8).
Il ricordarsi da parte di Dio è un evento attivo e creativo: quando egli si ricorda vuol dire che fa sorgere una situazione nuova, cambia tutto; quando egli si ricorda pensa all’alleanza e crea legami, li rinnova…
La Chiesa si caratterizza come “popolo della memoria”: questa fa parte della spiritualità del popolo amato del Signore. Sviluppare una teologia del ricordo del dono ricevuto ci farà molto bene . La teologia del ricordo è uno dei fili conduttori non solo della Scrittura, ma anche nella vita della Chiesa (pensiamo alla Liturgia) e anche della nostra vita. E la Scrittura ci educa a leggere la nostra vita come storia della salvezza. Il ricordo serve a mantenere pura la fede; fa parte dell’educazione alla fede. Secondo la Scrittura la persona che ricorda è una persona sapiente: è questo l’ideale dei libri sapienziali, specialmente del Siracide (cfr Sir 44-50: l’elogio degli antenati nella storia). il ricordo è salvifico: rende presente in noi tutta l’opera della salvezza.
Andiamo tutti in disparte, l’amore ci sta chiamando. Andiamo tutti in disparte per rinnovare il nostro essere amati, per riposare nella mitezza e umiltà del Salvatore. Andiamo in disparte per imparare la compassione, per evitare cadere nella voragine del fare e passare alla dinamica dell’essere per capire con più profondità l’uomo che cerca la salvezza, che ha fame del nostro essere.
P. Juan Carlos Silva Yacila, fsa